Ricorso ex art. 127 della Costituzione,  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, (codice fiscale n. 80188230587) rappresentato
e difeso per  legge  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (codice
fiscale  n.   80224030587)   ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it   fax
06/96514000 presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla  via  dei
Portoghesi n.  12,  contro  la  Regione  Lazio,  (codice  fiscale  n.
80143490581) in persona del Presidente della Giunta pro  tempore  per
la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 6 della legge  della
Regione Lazio 30 dicembre 2021, n. 20, pubblicata nel B.U.R.  n.  124
del  31  dicembre  2021,  avente  ad  oggetto  «Legge  di  stabilita'
regionale 2022» in relazione agli articoli  41,  97  e  117,  secondo
comma, lettere e) ed s) e comma terzo della Costituzione. 
    La legge regione Lazio n. 20 del 30 dicembre 2021 BUR n. 124  del
31 dicembre  2021  «Legge  di  stabilita'  regionale  2022»  presenta
profili  d'illegittimita'  costituzionale  in  relazione  ad   alcune
disposizioni  relative  alla  produzione   trasporto,   distribuzione
nazionale dell'energia, la cui disciplina non ammette invece  deroghe
ed e' attualmente regolata dal decreto legislativo 28 dicembre  2003,
n. 387 - recante attuazione della direttiva n.  2001/77/CE,  relativa
alla promozione di energia elettrica prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'. 
    Tale norma rappresenta il parametro costituzionale interposto  in
materia. (Cfr. Corte costituzionale sentenza n. 189/2014). 
    Piu' in particolare l'art. 6 della  legge  regionale  n.  20/2021
modifica l'art. 3.1 della legge regionale 16  dicembre  2011,  n.  16
recante  norme  in  materia  ambientale  e  di  fonti  rinnovabili  e
successive modifiche e sostituisce il  disposto  del  comma  5-quater
rispetto a quello a suo  tempo  introdotto  dall'art.  75,  comma  1,
lettera b), n. 5), della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14. 
    Il comma 5-quater nella sua attuale formulazione prevede che: «Al
fine di garantire la tutela del paesaggio, mitigare  il  consumo  del
suolo agricolo e realizzare un maggior bilanciamento nella diffusione
di impianti di produzione di energia elettrica  alimentati  da  fonti
rinnovabili nel territorio regionale, le  autorizzazioni  non  ancora
rilasciate alla data di entrata in vigore della presente disposizione
relative all'installazione  di  impianti  di  produzione  di  energia
eolica e di fotovoltaico posizionato a terra  di  grandi  dimensioni,
nelle zone per le quali il relativo impatto sul sistema di  paesaggio
e' indicato come non compatibile (NC) dalla tabella  «Classificazione
degli impianti di produzione di energia in relazione all'impatto  sul
paesaggio» delle «Linee guida per  la  valutazione  degli  interventi
relativi allo sfruttamento di fonti  energia  rinnovabile»  approvate
con deliberazione del Consiglio regionale 21 aprile 2021, n. 5 «Piano
territoriale   paesistico   regionale   (PTPR)»,   sono    rilasciate
condizionatamente    al    rispetto     dei     vincoli     derivanti
dall'individuazione   delle   aree   e   dei    siti    non    idonei
all'installazione degli impianti da fonti  rinnovabili  prevista  dai
precedenti commi. Fino a tale  individuazione  da  parte  dei  comuni
interessati e, comunque, per un termine non  superiore  a  otto  mesi
dalla data di entrata in vigore della legge regionale 11 agosto 2021,
n. 14, sono sospese le installazioni degli  impianti  autorizzati  ai
sensi del precedente periodo». 
    Nella  sua  attuale  formulazione  la  novella  normativa   sopra
descritta consente dunque una proroga dei procedimenti  autorizzatori
in atto al momento della sua entrata in vigore subordinandone l'esito
positivo all'inclusione degli impianti per la produzione  di  energia
da fonti rinnovabili in siti diversi da quelli dichiarati inidonei da
parte dei comuni interessati ed appare illegittima  per  le  seguenti
considerazioni: 
        1) art. 6,  legge  regionale  n.  20/21  -  Violazione  degli
articoli 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387 del 2003  e  20,
decreto legislativo n. 199/2021, nonche' degli articoli 41, 97 e 117,
secondo comma, lettere e) ed s) e comma terzo della Costituzione. 
    Occorre preliminarmente evidenziare che attraverso la  richiamata
disposizione, la Regione Lazio attribuisce valenza normativa  ad  una
proposta avanzata in sede di controdeduzioni ai rilievi formulati  da
parte dal Ministero della transizione ecologica riguardo  alla  legge
regionale n. 14/2021, che, tuttavia, non aveva trovato accoglimento. 
    In particolare, attraverso la previsione di cui all'art. 6, legge
regionale n. 20/21 la  Regione  Lazio  ha  introdotto  una  procedura
autorizzatoria  ai  fini  dell'installazione  di  impianti  da  fonti
rinnovabili che appare condizionata al rispetto dei vincoli derivanti
dall'individuazione da parte dei comuni interessati delle aree e  dei
siti non idonei allo scopo, nonche' una moratoria che si  applichera'
comunque per il periodo massimo di otto mesi, a decorrere dalla  data
di entrata in vigore della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14. 
    La disposizione in esame, quindi, nel determinare la  sospensione
del rilascio delle autorizzazioni degli  impianti  di  produzione  di
energia  da  fonti  rinnovabili  nel  territorio  regionale,  produce
l'effetto di un arresto procedimentale che contravviene al  principio
fondamentale espresso dall'art. 12, comma 4, del decreto  legislativo
n. 387 del 2003. 
    Tale norma indica, infatti, nel periodo massimo di novanta giorni
il termine di conclusione del procedimento autorizzativo ed  assurge,
secondo il costante insegnamento di codesta Corte  costituzionale,  a
principio fondamentale della materia, dettato dal legislatore statale
a salvaguardia delle esigenze di semplificazione,  celerita'  nonche'
di omogeneita'  sull'intero  territorio  nazionale  e  come  tale  da
ritenere inderogabile da parte delle regioni. 
    In tale contesto occorre riportarsi ai contenuti  della  sentenza
n. 364 del 2006 con cui codesta Corte costituzionale in relazione  ai
profili di che trattasi, ha statuito che: «E' illegittimo  l'art.  1,
comma  1,  della  legge  regionale  11  agosto  2005,  n.  9,  Puglia
(Moratoria per le procedure di valutazione d'impatto ambientale e per
le procedure autorizzative in materia di impianti di energia eolica).
La  suddetta  legge   regionale   nel   disciplinare   le   procedure
autorizzative in materia di impianti di energia eolica, incide  sulla
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia» rientrante  nella  competenza  legislativa  concorrente
delle regioni, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. I
principi fondamentali  in  materia  si  ricavano  dalla  legislazione
statale e, attualmente, dal decreto legislativo 29 dicembre 2003,  n.
387  (Attuazione  della  direttiva  n.   2001177/CE   relativa   alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'). (...). 
    L'indicazione del termine, contenuto nell'art. 12, comma 4,  deve
qualificarsi quale principio fondamentale in materia di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  in  quanto  tale
disposizione  risulta  ispirata  alle  regole  della  semplificazione
amministrativa  e  della  celerita'  garantendo,  in  modo   uniforme
sull'intero territorio nazionale, la  conclusione  entro  un  termine
definito del procedimento autorizzativo «.(enfasi aggiunta). 
    Nell'alveo     di     siffatto      consolidato      orientamento
giurisprudenziale, si colloca, altresi', la recente pronuncia n.  177
del 30 luglio 2021, con cui codesto Giudice delle leggi ha dichiarato
l'illegittimita' della legge regionale Toscana n. 82/2020 nella parte
in cui introduceva, riguardo alle aree rurali, un limite  di  potenza
ai fini della realizzazione di  impianti  fotovoltaici  a  terra,  al
riguardo osservando che «Secondo la giurisprudenza costante di questa
Corte, la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati
da  fonti  rinnovabili,  riconducibile  alla   materia   «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  (art.  117,  terzo
comma,   della   Costituzione),   deve   conformarsi   ai    principi
fondamentali, previsti dal  decreto  legislativo  n.  387  del  2003,
nonche', in attuazione del suo art. 12, comma  10,  dalle  menzionate
Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020, n. 106 del  2020,
n. 286 del 2019 e n. 69 del  2018).  (....)  Del  resto,  secondo  un
orientamento costante di  questa  Corte,  nella  disciplina  relativa
all'autorizzazione di impianti per la produzione di energia da  fonti
rinnovabili, le  regioni  non  possono  imporre  in  via  legislativa
vincoli generali non previsti dalla disciplina statale. Una normativa
regionale, che non rispetti la riserva di procedimento amministrativo
e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli
interessi,  strettamente  aderente  alla  specificita'  dei   luoghi,
impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi  pubblici
implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa
dell'Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti
di energia rinnovabili (sentenza  Corte  costituzionale  n.  286  del
2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del  2020,  n.  69
del 2018, n. 13 del 2014 e n.  44  del  2011).  Per  le  ragioni  che
precedono, l'art. 2, comma  1,  della  legge  n.  82  del  2020  deve
ritenersi costituzionalmente  illegittimo  per  violazione  dell'art.
117, terzo comma, della Costituzione, in relazione ai citati principi
fondamentali della materia  "produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia"». 
    Occorre,  altresi',  aggiungere  che  il   richiamato   principio
fondamentale sancito dall'art. 12, comma 4, del  decreto  legislativo
n.  387  del  2003,  attuativo  dell'art.  13,  della  direttiva   n.
2009/28/CE, secondo cui «[gli Stati membri assicurano  che  le  norme
nazionali in materia di procedure di autorizzazione [...» applicabili
agli impianti [...» per la produzione di elettricita' [...» a partire
da  fonti  energetiche  rinnovabili   ...   siano   proporzionate   e
necessarie. Gli  Stati  membri  prendono  in  particolare  le  misure
appropriate per assicurare che: [...» c) le procedure  amministrative
siano semplificate e accelerate al  livello  amministrativo  adeguato
[...»»  e'  stato  poi  ripreso  dall'art.  15,  della  direttiva  n.
2018/2001/UE, a mente del quale  gli  Stati  membri  sono  tenuti  ad
adottare  misure  appropriate  per  assicurare  che  siano   previste
procedure di  autorizzazione  semplificate  e  meno  gravose  per  la
produzione e lo stoccaggio di energia da fonti  rinnovabili,  con  la
conseguenza che la disposizione regionale censurata  confligge  anche
con detta disposizione sovranazionale e,  quindi,  con  il  parametro
costituzionale di cui all'art. 117, primo comma,  della  Costituzione
che impone alle regioni di esercitare la potesta'  legislativa  anche
nel rispetto dei vincoli comunitari. 
    Infine, la richiamata disposizione si pone in contrasto  con  gli
articoli  97  e  41  della  Costituzione,  nella  misura  in  cui  la
sospensione del potere autorizzativo relativo a un'attivita' non solo
consentita,  ma  anche  promossa   e   incentivata   dall'ordinamento
nazionale ed europeo, costituirebbe un grave ostacolo  all'iniziativa
economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili. 
    In proposito sembra  opportuno  richiamare  la  sentenza  del  26
luglio  2018,  n.  177,  con  cui  codesta  Corte  costituzionale  ha
dichiarato  l'illegittimita'  dell'art.  15,  comma  3,  della  legge
Regione Campania n. 6/2016, cosi' statuendo che: «La norma  impugnata
collide con l'art. 117, primo comma, Cast. anche per  il  sostanziale
contrasto  con  la  prescrizione   dell'art.   13   della   direttiva
2009128/CE.  Come  gia'  rilevato  da  questa  Corte,  «la  normativa
comunitaria promuove [...» il maggiore ricorso all'energia  da  fonti
rinnovabili espressamente collegandolo alla necessita' di ridurre  le
emissioni di gas ad effetto serra, e dunque  anche  al  rispetto  del
protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite  sui
cambiamenti climatici, in una prospettiva di modifica radicale  della
politica energetica dell'Unione. [...].  In  una  diversa,  non  meno
importante, direzione, la normativa  comunitaria  ha  richiesto  agli
Stati membri di semplificare i procedimenti autorizzatori»  (sentenza
n. 275 del 2012). Il percorso inaugurato dalla  menzionata  direttiva
n. 2001/177/CE,  cui  e'  stata  data  attuazione  con   il   decreto
legislativo n. 387 del  2003,  e'  proseguito  con  la  direttiva  n.
2009/128/CE, sostitutiva della precedente, che ha ricevuto attuazione
con il decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/128/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive  nn.  2001/177/CE  e  2003/130/CE).  (...).  La   normativa
europea, dunque, da un lato, esige che la procedura amministrativa si
ispiri a  canoni  di  semplificazione  e  rapidita'  -  esigenza  cui
risponde il procedimento di autorizzazione  unica  -  e,  dall'altro,
richiede che in tale contesto confluiscano, per essere ponderati, gli
interessi correlati alla tipologia di impianto, quale,  nel  caso  di
impianti  energetici  da   fonte   eolica,   quello,   potenzialmente
confliggente   della   tutela   del   territorio   nella   dimensione
paesaggistica.  La  sospensione  disposta  in  via   generale   dalla
disposizione censurata collide con le norme di principio della  legge
nazionale  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» e con le ricordate norme europee che,  per  i
termini in cui sono formulate, mostrano chiaramente di non  tollerare
condizionamenti anche se  giustificati  da  un'asserita  esigenza  di
tutela dell'ambiente. La moratoria prevista dalla  Regione  Campania,
infatti,  si  inserisce  in   una   cornice   normativa   interna   e
sovranazionale  (...)  connotata  dalla  presenza  degli  evidenziati
principi  e  criteri  direttivi   che   impediscono   l'arresto   dei
procedimenti autorizzatori in nome della  salvaguardia  di  interessi
ulteriori,  i  quali  possono  comunque  trovare  considerazione  nel
contesto   procedimentale   unificato,   attraverso   una    concreta
ponderazione  della  fattispecie  in   sede   amministrativa».(enfasi
aggiunta) 
    Sempre in  relazione  agli  aspetti  procedimentali  legati  agli
impianti da fonte di energia rinnovabile, codesto Giudice delle leggi
ha, altresi', evidenziato che «[e' nella  sede  procedimentale  [...»
che puo' e deve avvenire la valutazione  sincronica  degli  interessi
pubblici  coinvolti  e  meritevoli  di  tutela,   a   confronto   sia
con l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia  ancora
(e non da ultimo)  con  ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari
singoli  cittadini  e  comunita',  e   che   trovano   nei   principi
costituzionali  la  loro  previsione  e  tutela.  La  struttura   del
procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l'emersione  di
tali  interessi,  la  loro  adeguata   prospettazione,   nonche'   la
pubblicita' e la trasparenza della loro  valutazione,  in  attuazione
dei principi di cui all'art. 1 della legge  7  agosto  1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso ai documenti  amministrativi):  efficacia,  imparzialita',
pubblicita' e trasparenza. Viene in  tal  modo  garantita,  in  primo
luogo, l'imparzialita' della scelta, alla stregua dell'art. 97 Cast.,
ma poi anche il perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,
dell'interesse  primario,  in  attuazione  del  principio  del   buon
andamento della amministrazione, di cui allo  stesso  art.  97  della
Costituzione» (sentenza n. 69 del 2018). 
    Al quadro di sintesi fin qui riepilogato, occorre aggiungere  che
la norma regionale oggetto di odierno scrutinio si pone, altresi', in
contrasto con i principi espressi dal decreto legislativo 8  novembre
2021, n. 199  (entrato  in  vigore  il  15  dicembre  2021),  recante
«Attuazione della direttiva (UE) n. 201812001 del Parlamento  europeo
e  del  Consiglio,  del  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili», teso a definire gli strumenti,  i
meccanismi, gli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e
giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi   di
incremento della quota di energia da fonti rinnovabili  al  2030,  in
attuazione della citata direttiva e nel rispetto dei criteri  fissati
dalla legge 22  aprile  2021,  n.  53,  «Delega  al  Governo  per  il
recepimento delle direttive europee  e  l'attuazione  di  altri  atti
dell'Unione europea - Legge  di  delegazione  europea  2019-2020»,  e
dall'attuazione  delle  misure  del  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza in materia di energia da fonti rinnovabili,  conformemente
al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC). 
    Detto provvedimento, attribuisce al dicastero  della  Transizione
ecologica il compito di definire i criteri per l'individuazione delle
aree  idonee  o  non  idonee,  attraverso  l'emanazione  di  appositi
decreti, in concerto con Ministri della  cultura  e  delle  politiche
agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza
unificata, anche ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettere a) e b) della
legge n. 53 del 22 aprile 2021. 
    In   particolare,   l'art.   20   (rubricato   «Disciplina    per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili»)  del  suddetto  decreto,  prevede,  la
competenza delle regioni all'individuazione delle aree idonee in base
ai predetti decreti (in particolare al comma 4) stabilendo, ai  commi
da 6 a 8, che: «6.  Non  possono  essere  disposte  moratorie  ovvero
sospensioni dei termini dei  procedimenti  di  autorizzazione,  nelle
more dell'individuazione delle aree idonee. 7. Le  aree  non  incluse
tra  le  aree  idonee  non  possono  essere  dichiarate  non   idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee. 8. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui  al
comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1  del
presente articolo: 
        a) i siti ove sono  gia'  installati  impianti  della  stessa
fonte  e  in  cui  vengono  realizzati  interventi  di  modifica  non
sostanziale ai sensi dell'art. 5, commi 3  e  seguenti,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28; 
        b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai  sensi
dell'art. 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152». 
    Le richiamate disposizioni di derivazione comunitaria  confermano
in conclusione le criticita' sollevate riguardo alla disposizione  in
esame (art. 6 della legge regionale Lazio 30 dicembre  2021,  n.  20)
con riguardo, dunque, alla ivi  prevista  competenza  comunale,  alla
individuazione delle aree idonee o  non  idonee  per  l'installazione
degli  impianti  fotovoltaici  a  terra   ed   alla   moratoria   dei
procedimenti autorizzatori in corso,  dovendosi  ritenere,  pertanto,
che  il  rischio  di  una  deviazione  dal  paradigma  normativo   di
riferimento non sia adeguatamente delimitato dalla riscrittura  della
norma adottata dalla regione, tenuto, altresi', conto dell'entrata in
vigore del decreto legislativo  n.  199/2021,  di  recepimento  della
direttiva (UE) n. 2018/2001. 
    Del resto nel senso dell'esclusiva  competenza  delle  regioni  a
definire le aree idonee codesta Corte si e' gia' pronunciata  laddove
ha statuito  che:  «le  regioni  (e  le  province  autonome)  possono
soltanto individuare, caso per caso, aree  e  siti  non  idonei  alla
localizzazione degli impianti,  purche'  nel  rispetto  di  specifici
principi e criteri stabiliti dal paragrafo 17.1 dell'Allegato 3  alle
medesime Linee guida. In particolare, il giudizio sulla non idoneita'
dell'area  deve  essere   espresso   dalle   regioni   all'esito   di
un'istruttoria,  volta  a  prendere  in  considerazione   tutti   gli
interessi coinvolti (la  tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio,  del
patrimonio storico artistico, delle tradizioni agroalimentari locali,
della biodiversita'  e  del  paesaggio  rurale),  la  cui  protezione
risulti incompatibile con l'insediamento,  in  determinate  aree,  di
specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti (sentenza n.  86  del
2019, punto 2.8.2. del Considerato in diritto)» (Corte costituzionale
sentenza n. 106/2020). 
    In conclusione, per la generalita' dei motivi dianzi  rassegnati,
la  legge  regionale  deve  essere  impugnata  dinanzi   alla   Corte
costituzionale  limitatamente  all'art.  6,  per   violazione   degli
articoli 41, 97, 117,  comma  primo,  comma  secondo,  lettera  e)  e
lettera s) e comma terzo, in  riferimento  ai  parametri  statali  ed
eurounitari dianzi citati.